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venerdì 29 aprile 2011

"Il silenzio dei rapiti" di Jeffery Deaver: impressioni a caldo

Jeffery Deaver - IL SILENZIO DEI RAPITI

Kansas. Uno scuola-bus viene bloccato da tre evasi che non hanno più niente da perdere e otto bambine sordomute con le loro insegnanti vengono prese in ostaggio e trascinate in un vicino mattatoio. Il capo degli evasi, un sadico pluriomicida, minaccia di uccidere una persona ogni ora e l'agente mandato dall'FBI ha solo dodici ore per convincerlo a rilasciare gli ostaggi. Dodici ore per trovare la giusta linea di trattativa e imparare a ragionare con la testa dell'assassino.

Titolo originale: A Maiden's Grave (1995)
BUR Biblioteca Univ. Rizzoli (collana Narrativa)
Trad. di Stefano Massaron
2000 - pp. 448 - € 7,00


"Il silenzio dei rapiti" è uno tra i migliori thriller che ho letto negli ultimi tempi; nonostante la storia si svolga in poche ore e prevalentemente nella stessa location, Jeffery Deaver riesce a creare una complicata trama basata su inganni, crudeltà, cinismo e speranze, tratteggiando magistralmente la psicologia dei vari personaggi.
La tensione si mantiene sempre alta, il classico colpo di scena finale alla Deaver, anche stavolta, non manca.
Un libro che potrà non piacere a tutti, ma che io ho trovato davvero molto ben scritto e pensato, uno dei migliori lavori dello scrittore americano.


L'AUTORE
Jeffery Deaver, nato a Glen Ellyn nel maggio del 1950, è un affermato scrittore statunitense. Autore di romanzi thriller, è tre volte vincitore dell'Ellery Queen Readers Award for Best Short Story of the Year, si è visto assegnare il British Thumping Good Read Award ed è stato più volte finalista all'Edgar Award. L'opera prima di Jeffery Deaver, venduta in 150 paesi e tradotta in 50 lingue, dà vita al personaggio di Lincoln Rhyme, il geniale criminologo tetraplegico protagonista de Il collezionista di ossa (Sonzogno, 1998), e degli altri otto romanzi della serie a lui dedicata.


I COMMENTI DEI LETTORI:
Un altro Deaver e un altro gran bel libro. Mi piace il suo ritmo, come delinea i personaggi, le realtà che esplora e che mi permettono di entrare in altri mondi. In questo caso si parla di ostaggi, di sordomuti, di uomini in grado di compiere solo il male e... ci vorrebbe tutto il tempo del mondo per leggerlo d'un fiato, ma ne è valsa comunque la pena.

Trovo strano che questo romanzo sia stato così ignorato e criticato dalla massa di lettori di genere. Personalmente l'ho adorato. Il romanzo racconta la storia di un gruppo di ragazzine sordomute che viene preso in ostaggio in un mattatoio da un branco di maniaci delinquenti assassini. In questo libro Deaver dimostra una conoscenza davvero profonda delle tecniche di liberazione degli ostaggi e una capacità fuori dal comune nel tenere desta l'attenzione del lettore. Provate a scrivere un romanzo ambientato per 400 pagine in uno stesso posto dove i protagonisti principali non possono parlare né sentire. Poi sappiatemi dire che riuscite a fare... grande Deaver.

Jeffery è sempre il migliore: tensione alle stelle anche in questo thriller che si svolge nell'arco di poche ore e in un ambiente limitato. I personaggi principali sono tre: Melanie, una delle ragazze sordomute rapite, attraverso la quale si vivono le emozioni e l'angoscia degli ostaggi; il negoziatore di ostaggi dell'FBI Arthur Potter - e qui Deaver dimostra la sua conoscenza dell'argomento; infine il sadico e amorale Lou Handy, il rapitore. Cattivo, fin nel profondo, ma una parte di me non dico che ha parteggiato per lui, ma sicuramente ne è rimasta affascinata. Avrei evitato di inserire l'accenno alla love story tra Melanie e Arthur, un po' forzata.

Questo è il primo e il migliore romanzo di Deaver che io abbia letto. Dico "migliore" non tanto perché abbia qualche particolare merito, quanto perché, almeno, il "cattivo" non è un pazzo che fa tutto quello che gli salta in mente, a seconda di come gli girano le difettose rotelline che ha nel cervello. No, questo qui, benché amorale e squinternato, ha uno scopo preciso e razionale. E lo persegue con una certa logica. Un po’ contorta, magari, ma pur sempre logica rimane. Quel che invece fa sganasciare dalle risate è l’innamoramento a distanza tra il negoziatore cinquantenne e l’insegnante sordomuta di trent’anni più giovane. Vabbè, vah, la speranza è l’ultima a morire, si dice. Prima o poi imparerò anch’io ad evitare di acquistare questi libercoli.

Parto prevenuta, in quanto leggo Deaver quasi esclusivamente per Linc e Amelia, quindi la loro assenza per me è già un deficit non indifferente. Ma la trama, pur essendo ben costruita, non riesce a trascinarmi dentro al romanzo e a coinvolgermi sufficientemente. I personaggi stessi risultano essere talvolta odiosi, fastidiosi e poco credibili.

Secondo libro di Deaver che leggo dopo Il giardino delle belve. La trama è decisamente interessante: un gruppo di bambine sordomute vengono tenute in ostaggio da un terzetto di detenuti evasi. Questo è anche lo spunto per raccontare quale sia il lavoro del negoziatore, quali rischi e quali responsabilità si debba assumere, cosa possa promettere e quali illusioni debba nutrire, il tutto a rischio di vite altrui. Ma è anche lo spunto per parlare della comunità dei sordomuti, del rifiuto dell'oralismo, del loro orgoglio, della lotta per ottenere negli anni i loro diritti e dell'emarginazione patita da chi, da quel mondo di silenzio, voglia uscire. In alcuni punti tuttavia l'ho trovato un po' confuso, colpa forse dei troppi personaggi e di tutti gli interessi in gioco. Di certo non sarà l'ultimo Deaver che leggo.

Quando tutto sembra finito, quando l'incubo sembra essere giunto al capolinea... ecco che ricomincia tutto da capo in un rivoltamento assurdo delle cose. Peccato per il finale che sa di forzato...

Una serie di personaggi interessantisimi dalla psicologia complessa e profonda; questo è vero scrivere! Melanie è un'eroina di cui ci si può tranquillamente innamorare già dalle prime cinque righe. Il fascino del criminale Lou Handy è reso perfettamente, con coerenza e sufficiente spazio all'immaginazione di un passato turbolento e una vita tormentata così misteriosa che Handy diventa quasi simpatico nelle sue debolezze. Stupendo, come sempre del resto, Arthur Potter (Potter il pentolaio, ahah). Inaspettato il passaggio appena precedente al finale, un colpo di scena particolare e devo dire ottimo il coinvolgimento di Melanie nella risoluzione della vicenda.

Il tempo gli ha veramente nuociuto: è lo stesso autore che ha scritto 10 anni (circa) dopo, "Come una tempesta", la "ciofeca". Questo è davvero un libro, certo di genere, ben concepito e ben articolato.

Peccato per il finale che mi ha decisamente deluso e che sembra scritto in fretta e furia.

430 pagine di nulla, più di una volta sono stata tentata di abbandonarlo... gli ho concesso il beneficio del dubbio fino alla fine ma con poca soddisfazione.

Estremamente psicologico, ti tiene incollato alle pagine perchè vuoi sapere quanti ostaggi all'ultimo si salveranno. Ostaggi con un handicap particolare: sono tutte ragazze e bambine sordo mute, e questi rende ancora più particolare la vicenda. E' un thriller diverso dalle vicende che Deaver fa vivere a Rhyme e Amelia Sachs, personaggi che ormai mi sono entrati nel cuore, però questo suo modo di entrare nella mente dei carnefici è davvero inquietante.

Non avevo mai letto nulla del prolifico scrittore americano, e grazie al prestito di un amico, ho colmato questa lacuna. La trama è avvincente quanto basta, cruda quel tanto che serve e dal ritmo ben sostenuto dall'inizio alla fine. Ma è forse questo il difetto del romanzo: un eccesso di equilibrio. Tutta la narrazione sembra pesata accuratamente con un bilancino di precisione, con il risultato di ottenere sì un prodotto ben fatto, godibile e degnamente scritto, ma di scarsa originalità complessiva. E dire che gli elementi messi in campo dall'autore - che chiaramente è uno scrittore di mestiere - erano di prim'ordine: la vicenda ruota, infatti, attorno ad un sequestro di un intero scuolabus di ragazze sordomute, da parte di un terzetto di pericolosi evasi. Ma, nonostante il marcato taglio psicologico impresso da Deaver alla narrazione, il romanzo non si stacca dai cliché classici di un certo tipo di thriller statunitense. Intendiamoci, è una lettura piacevole, di quelle che incalzano a divorare la pagine, ma che, chiusa l'ultima di copertina, lasciano davvero poco.

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