Cesarina Vighy
SCENDO. BUON PROSEGUIMENTO
Introduzione di Vito Mancuso
Fazi Editore
In libreria dal 30 aprile 2010
Questo libro insolito, intimo, curioso, riunisce un corpus di mail di Cesarina Vighy. Raro e vivido esempio di scrittura epistolare moderna, la raccolta, dalla notevole tenuta narrativa, si legge come un romanzo per la coerenza dello stile e l’estrema varietà dei registri.
Attraverso la cronaca di eventi piccoli e talvolta piccolissimi, l’insieme di questi micro testi racconta per frammenti il parallelo progredire di una sindrome che priva a poco a poco della parola e la genesi, l’ideazione, la stesura dell’Ultima estate, il romanzo d’esordio pubblicato nel 2009 con cui Cesarina ha vinto il Premio Campiello opera prima imponendosi nella cinquina dello Strega.
Nelle mail, difficoltà, invalidità, dolori, procedono di pari passo con l’affermazione di sé e il successo pubblico, vissuti dall’autrice dallo spazio ristretto di una stanza cui la malattia e la conseguente decisione di negarsi al mondo l’hanno confinata. Nei mesi delle recensioni, delle tante attestazioni di affetto, degli inviti, cui lei non può aderire - sostituita ogni volta dalla figlia Alice -, il computer è l’unico mezzo di comunicazione possibile; grazie ai meccanismi della posta elettronica, Cesarina detta Titti invia messaggi, mette in copia, inoltra allegati, creando una piccola rete di amici cui dedicare anche poche parole quando le forze lo consentono. A raccogliere stati d’animo e sensazioni ci sono –in rappresentanza del mondo- l’amico d’infanzia, il cugino “svedese”, la confidente che crede in Dio, quella che non crede, fino all’immaginario professore di letteratura, alter ego scherzoso per i giochi pseudo-filologici con Alice. Rimandati da una mail all’altra, da un destinatario a un altro, i più intimi tra i corrispondenti diventano così veri e propri personaggi come Giancarlo, il premuroso marito lunatico, Ernesto, il piccolo nipote musicista, i gatti, figure del piccolo universo ricreato di colei che scrive.
Avanza intanto il blocco fisico e l’incapacità di comunicare se non per iscritto. Nella strenua difesa della propria identità di fronte al decadimento fisico, lo stile diventa un valore irrinunciabile, mantenuto intatto dalla prima all’ultima mail. Precisazioni al limite del maniacale, citazioni colte, modi di dire familiari e alcune poesie si alternano con naturalezza e ad emergere prepotente è un black humour che stupisce e insieme diverte per il carattere di elegante imprevedibilità. La scrittura stabilizza e toglie tensioni e a prevalere è la volontà del bene: per l’amore come forza e frutto di intelligenza ordinata, spiccano senz’altro le mail “alla figlia ritrovata” con i consigli di una madre a sua volta ritrovata: lucida, dolce, saggia e, paradossalmente, proprio ora che il corpo cede e lo spirito è ridotto a pura voce, completa.
Cesarina Vighy
Nata a Venezia ma romana da decenni, ha esordito nel 2009 con L’ultima estate, romanzo che ha avuto un grande successo di pubblico e di critica, vincendo il Premio Campiello opera prima, il Premio Cesare De Lollis e imponendosi nella cinquina dello Strega.
Hanno detto de “L’ultima estate”:
«Magnifico inno alla vita che era ed è».
Marino Sinibaldi
«Una scrittura animata da una giovanile spigliatezza e baldanza».
Lorenzo Mondo, ttL
«Un addio alla vita con umorismo».
Daria Galateria, la Repubblica
«Di fronte a questa storia vera (e mai retorica) si resta incantati».
Marta Cervino, Marie Claire
«Una furia incendiaria stemperata dal senso dell’umorismo».
Antonella Fiori, D di Repubblica
«Non perdete questo libro».
Maria Grazia Ligato, io Donna – Corriere della sera
«Un romanzo che potrebbe (o dovrebbe?) vincere il Premio Strega».
Pier Mario Fasanotti, Liberal
SCENDO. BUON PROSEGUIMENTO
Introduzione di Vito Mancuso
Fazi Editore
In libreria dal 30 aprile 2010
Questo libro insolito, intimo, curioso, riunisce un corpus di mail di Cesarina Vighy. Raro e vivido esempio di scrittura epistolare moderna, la raccolta, dalla notevole tenuta narrativa, si legge come un romanzo per la coerenza dello stile e l’estrema varietà dei registri.
Attraverso la cronaca di eventi piccoli e talvolta piccolissimi, l’insieme di questi micro testi racconta per frammenti il parallelo progredire di una sindrome che priva a poco a poco della parola e la genesi, l’ideazione, la stesura dell’Ultima estate, il romanzo d’esordio pubblicato nel 2009 con cui Cesarina ha vinto il Premio Campiello opera prima imponendosi nella cinquina dello Strega.
Nelle mail, difficoltà, invalidità, dolori, procedono di pari passo con l’affermazione di sé e il successo pubblico, vissuti dall’autrice dallo spazio ristretto di una stanza cui la malattia e la conseguente decisione di negarsi al mondo l’hanno confinata. Nei mesi delle recensioni, delle tante attestazioni di affetto, degli inviti, cui lei non può aderire - sostituita ogni volta dalla figlia Alice -, il computer è l’unico mezzo di comunicazione possibile; grazie ai meccanismi della posta elettronica, Cesarina detta Titti invia messaggi, mette in copia, inoltra allegati, creando una piccola rete di amici cui dedicare anche poche parole quando le forze lo consentono. A raccogliere stati d’animo e sensazioni ci sono –in rappresentanza del mondo- l’amico d’infanzia, il cugino “svedese”, la confidente che crede in Dio, quella che non crede, fino all’immaginario professore di letteratura, alter ego scherzoso per i giochi pseudo-filologici con Alice. Rimandati da una mail all’altra, da un destinatario a un altro, i più intimi tra i corrispondenti diventano così veri e propri personaggi come Giancarlo, il premuroso marito lunatico, Ernesto, il piccolo nipote musicista, i gatti, figure del piccolo universo ricreato di colei che scrive.
Avanza intanto il blocco fisico e l’incapacità di comunicare se non per iscritto. Nella strenua difesa della propria identità di fronte al decadimento fisico, lo stile diventa un valore irrinunciabile, mantenuto intatto dalla prima all’ultima mail. Precisazioni al limite del maniacale, citazioni colte, modi di dire familiari e alcune poesie si alternano con naturalezza e ad emergere prepotente è un black humour che stupisce e insieme diverte per il carattere di elegante imprevedibilità. La scrittura stabilizza e toglie tensioni e a prevalere è la volontà del bene: per l’amore come forza e frutto di intelligenza ordinata, spiccano senz’altro le mail “alla figlia ritrovata” con i consigli di una madre a sua volta ritrovata: lucida, dolce, saggia e, paradossalmente, proprio ora che il corpo cede e lo spirito è ridotto a pura voce, completa.
Cesarina Vighy
Nata a Venezia ma romana da decenni, ha esordito nel 2009 con L’ultima estate, romanzo che ha avuto un grande successo di pubblico e di critica, vincendo il Premio Campiello opera prima, il Premio Cesare De Lollis e imponendosi nella cinquina dello Strega.
Hanno detto de “L’ultima estate”:
«Magnifico inno alla vita che era ed è».
Marino Sinibaldi
«Una scrittura animata da una giovanile spigliatezza e baldanza».
Lorenzo Mondo, ttL
«Un addio alla vita con umorismo».
Daria Galateria, la Repubblica
«Di fronte a questa storia vera (e mai retorica) si resta incantati».
Marta Cervino, Marie Claire
«Una furia incendiaria stemperata dal senso dell’umorismo».
Antonella Fiori, D di Repubblica
«Non perdete questo libro».
Maria Grazia Ligato, io Donna – Corriere della sera
«Un romanzo che potrebbe (o dovrebbe?) vincere il Premio Strega».
Pier Mario Fasanotti, Liberal
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Aggiornamento del 07/05/2010:
La scrittrice veneziana è morta il 2 maggio nella sua casa di Monteverde su uno dei colli che guardano la Capitale, due giorni dopo la pubblicazione di questo suo ultimo libro. Aveva 73 anni.
Cesarina Vighy, Titti per gli amici, era malata di Sla da sei anni e il suo primo romanzo era già stato un inno alla vita: una parte dei proventi li aveva voluti devolvere a «Viva la vita», una onlus che si occupa dei malati di Sclerosi laterale amiotrofica. Il funerale in rito civile è stato celebrato mercoledì 5 maggio al Verano al Tempietto Egizio.
Coltissima, grande amante degli aneddoti e delle storie, era riuscita a raccontare la sua malattia con la mano incantata di una vera, grande scrittrice. Nell'immane sforzo di affrontare la malattia era capace di una singolare ironia: «Venerdì sera mi sono coricata da semi-sconosciuta e il mattino dopo ero il "caso Cesarina Vighy"! Veramente, quando si annunciò la mia rara malattia - scriveva il 22 aprile 2009, alla vigilia del Campiello -, mi lasciai scappare dalla bocca che avrei preferito essere appunto più un caso letterario che un caso clinico».
E ancora, nella lettera ad un amico del dicembre 2007, già scriveva: «Un barone della medicina, da me interpellato circa le cause che avrebbero provocato la mia malattia mi ha risposto di girare la richiesta al Padre Eterno! Quanto alla cura, non c'è, quindi non devo prendere niente (tranne gli psicofarmaci per stare un po' tranquilla) e sperare che il decorso sia il più lento possibile. Dopo di che, ci ha scucito trecento euro (senza rilasciare fattura) perché eravamo due amici, altrimenti erano quattrocento».
Romana di adozione, aveva a lungo lavorato al ministero dei beni culturali e poi alla Biblioteca nazionale di Storia Moderna e Contemporanea di via Caetani alla quale era legatissima. Lascia il marito Giancarlo, «l’angelo incazzoso che mi aiuta a vivere», la figlia Alice e il nipote Ernesto «l'amato filosofo», i suoi gatti che «senza saper leggere né scrivere hanno capito questo libro».
Aggiornamento del 07/05/2010:
La scrittrice veneziana è morta il 2 maggio nella sua casa di Monteverde su uno dei colli che guardano la Capitale, due giorni dopo la pubblicazione di questo suo ultimo libro. Aveva 73 anni.
Cesarina Vighy, Titti per gli amici, era malata di Sla da sei anni e il suo primo romanzo era già stato un inno alla vita: una parte dei proventi li aveva voluti devolvere a «Viva la vita», una onlus che si occupa dei malati di Sclerosi laterale amiotrofica. Il funerale in rito civile è stato celebrato mercoledì 5 maggio al Verano al Tempietto Egizio.
Coltissima, grande amante degli aneddoti e delle storie, era riuscita a raccontare la sua malattia con la mano incantata di una vera, grande scrittrice. Nell'immane sforzo di affrontare la malattia era capace di una singolare ironia: «Venerdì sera mi sono coricata da semi-sconosciuta e il mattino dopo ero il "caso Cesarina Vighy"! Veramente, quando si annunciò la mia rara malattia - scriveva il 22 aprile 2009, alla vigilia del Campiello -, mi lasciai scappare dalla bocca che avrei preferito essere appunto più un caso letterario che un caso clinico».
E ancora, nella lettera ad un amico del dicembre 2007, già scriveva: «Un barone della medicina, da me interpellato circa le cause che avrebbero provocato la mia malattia mi ha risposto di girare la richiesta al Padre Eterno! Quanto alla cura, non c'è, quindi non devo prendere niente (tranne gli psicofarmaci per stare un po' tranquilla) e sperare che il decorso sia il più lento possibile. Dopo di che, ci ha scucito trecento euro (senza rilasciare fattura) perché eravamo due amici, altrimenti erano quattrocento».
Romana di adozione, aveva a lungo lavorato al ministero dei beni culturali e poi alla Biblioteca nazionale di Storia Moderna e Contemporanea di via Caetani alla quale era legatissima. Lascia il marito Giancarlo, «l’angelo incazzoso che mi aiuta a vivere», la figlia Alice e il nipote Ernesto «l'amato filosofo», i suoi gatti che «senza saper leggere né scrivere hanno capito questo libro».
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